Immutabilità dei fatti contestati. Accanto al requisito della specificità, la Corte di Cassazione richiama il principio di immutabilità dei fatti contestati, in base al quale è necessaria la completa coincidenza tra il capo di incolpazione contenuto nella previa contestazione e quello posto a base della sanzione disciplinare.
L’applicazione del principio, dovendo garantire l’effettivo diritto di difesa del prestatore, preclude al datore di lavoro di licenziare per “altri” motivi diversi da quelli contestati, in altre parole, “di far valere, a sostegno delle sue determinazioni disciplinari, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell’infrazione disciplinare” .
Non sono precluse, invece, “le modificazioni dei fatti contestati che non si configurino come elementi integrativi di una fattispecie di illecito disciplinare diversa e più grave di quella contestata…riguardando circostanze prive di valore identificativo della stessa fattispecie”.
La legittimità nell’adozione di un provvedimento disciplinare deve essere verificata con riguardo al tempo in cui esso viene emesso; dunque se tale legittimità non sussiste in tale momento, essa non può certo essere recuperata ex post a seconda del contingente sviluppo dei fatti.
Tuttavia, il principio di necessaria corrispondenza tra addebito contestato ed addebito a fondamento della sanzione disciplinare non può ritenersi violato qualora il datore di lavoro alleghi, nel corso del procedimento disciplinare, circostanze confermative o ulteriori prove, in relazione alle quali il lavoratore possa agevolmente contro dedurre, senza violare la regola della immutabilità della contestazione[.