Piccolo è bello, è stato detto quando si capì che l’economia nazionale veniva trainata dalle imprese di piccole e medie dimensioni.
Lo slogan, per quanto suggestivo, è vero tuttavia soltanto in parte: i piccoli, per esempio, almeno fino a quando rimangono tali, non riescono a realizzare le economie di scala; non riescono cioè a conseguire i costi medi di produzione più
bassi che riescono a ottenere invece le imprese di maggiore dimensione. Al crescere di questa infatti, i costi per unità di
prodotto tendono a diminuire proprio grazie al conseguimento di economie di scala, così chiamate perché dipendono,
appunto, dalla scala, ossia dalla dimensione, dell’impresa.
Diventando questa più grande, molti costi possono essere ripartiti su una produzione maggiore: il costo di un impianto
di portata maggiore, per esempio, non è direttamente proporzionale alla propria capacità. Se un impianto che può produrre 2mila pezzi costa 100mila euro, uno che ne produce 4mila, non necessariamente deve costare 200mila euro; anzi,
probabilmente, costerà di meno. Lo stesso capita ai costi di amministrazione: non bisogna necessariamente raddoppiare
gli addetti, se raddoppiano gli operai impiegati nello stabilimento.
Aumentando di dimensione, inoltre, l’impresa può utilizzare tecnologie più sofisticate: per esempio, un investimento in
macchinari automatizzati può essere remunerativo soltanto se la produzione raggiunge determinati livelli. In un’impresa
più grande, poi, è possibile aumentare il grado di specializzazione di ogni unità e quindi aumentare per questa via l’efficienza produttiva.
Un’impresa più grande, infine, ha la possibilità di conseguire significative economie con riguardo soprattutto all’acquisto di materie prime e alla raccolta di fondi. Comprando grandi quantità di materiali, ha maggiore facilità a ottenere
sconti più importanti dai fornitori e, analogamente, può ottenere finanziamenti dalle banche a tassi di interesse inferiori.
Risulta essere chiaro tuttavia che, oltre una certa dimensione, i costi medi invece di diminuire, aumentano. Ciò si verifica al superamento della dimensione ottimale, quella in corrispondenza della quale sono raggiunte tutte le economie di scala. Una
dimensione maggiore significa soltanto aumentare gli sprechi, perdere il coordinamento fra le diverse funzioni, scatenare, eventualmente, comportamenti ostili fra i diversi reparti. Ha luogo il cosiddetto fenomeno del gigantismo industriale:
un’ipertrofia aziendale che causa più danni che benefici.
Le economie di scala servono a spiegare il grado di concentrazione dei mercati: in quelli caratterizzati da economie più
elevate è minore il numero delle imprese operanti o, il che è lo stesso, maggiore è il grado di concentrazione. Basti pensare per esempio al settore dell’auto: soltanto la produzione di innumerevoli esemplari consente una produzione efficiente, tanto più ora che le catene di montaggio sono state soppiantate da impianti automatizzati.
Questo però non significa che non possano sopravvivere imprese che producono modelli destinati a una clientela particolare. Ma ciò non basta a ridurre il grado di concentrazione del mercato.