L’evoluzione dell’arte del ‘900 può essere un utile lente attraverso cui verificare l’inconsistenza del conflitto web usability VS creatività.
Ponendo in relazione il concetto di creatività con il Web, è necessario prima di tutto individuarne i contorni: non sempre ben delineati e netti, spesso sfumati anche nella tradizionale realtà offline, essi acquistano ancora maggiori possibilità di declinazione dall’incontro con le tecnologie di Rete.
Risalendo all’etimologia della parola creatività si scopre che il termine risale al latino creare (creare, causare) e al greco krainen (compiere). Questo consente due prime e semplici osservazioni:
1) sembra esservi una limitata dimensione occasionale nell’atto di creazione.
L’accezione causale suggerita dal termine latino sottolinea una delle caratteristiche dei processi creativi tra le più sottovalutate, ovvero la loro forte componente decisionale.
E’ importante riconoscere che la creatività presuppone certo spontaneità e il seguire percorsi di pensiero laterali, ma anche e soprattutto la capacità di convergere con un atto decisionale su alcune delle possibilità generate. Quindi creativa non è soltanto la capacità di aumentare le potenzialità ma anche quella di selezionarle.
2) è pratica comune far coincidere l’atto creativo con alcune forme di ispirazione istantanea, di intuizione fuori dall’ordinario.
In realtà questo tipo di evento è assimilabile a uno soltanto degli stadi del momento creativo, che a ragione può essere visto come un tradizionale processo di pensiero.
Un processo di attualizzazione delle potenzialità, l’espressione in divenire della propria essenza.
Quasi tutti i manuali di psicologia identificano quattro stadi del processo creativo:
a) preparazione: l’argomento viene affrontato raccogliendo tutte le informazioni possibili ed esaminando il nocciolo della questione da ogni punto di vista, tuttavia continua a sfuggire la soluzione alla situazione problematica, al campo di forze in gioco venutesi a creare.
b) incubazione: si assiste ad un calo dell’attenzione cosciente sul campo problematico che pare non avere soluzione.
c) illuminazione: emerge all’improvviso la soluzione creativa e innovativa al problema.
d) verifica della soluzione emersa.
È importante ribadire come questo processo ricalchi sostanzialmente lo schema di pensiero comune: ciò che lo differenzia in senso creativo rispetto alla norma è l’importanza attribuita allo stadio di incubazione, cruciale per far emergere l’insight creativo.
L’incubazione consente di combattere la rigidità di pensiero sviluppatasi nella fase iniziale di preparazione al problema e quindi di abbattere i set mentali esistenti, di ostacolo a una focalizzazione efficiente dell’attenzione.
Creativo è dunque quanto altera il punto di vista tradizionale, esce dai set mentali comuni, aggiunge una declinazione inaspettata ad una forma, una sostanza, un concetto, un entità considerata sino a quel momento secondo le tradizionali sfumature assegnate.
Creativo è il processo di pensiero che porta alla realizzazione sensibile finale, non questa soltanto.
In genere si investe di maggiore rilevanza il momento finale costruendo una metonimia dai presupposti fragili come il cristallo: si identifica una parte del processo creativo con il processo in sè, e proprio per questa falsa identificazione lo si priva della sua dimensione “in divenire” per renderlo eventum, la cui manifestazione è istantanea e non dilatata nel tempo.
L’identificazione erronea porta anche di conseguenza ad un altro passo falso: la convinzione diffusa che la creatività sia come confinata in alcuni particolari ambiti dell’esperienza umana, quali ad esempio le arti, e che esistano per questo campi di esistenza creativi e altri che creativi invece non sono.
Creativo è ciò che precede ogni manifestazione sensibile, una sorta di storyboard mentale che possiede in sè l’abilità di re-setting in diversi contesti spazio-temporali dal momento in cui è stato partorito.
Nonostante le precisazioni è innegabile che l’arte sia un punto privilegiato di osservazione delle manifestazioni creative.
In rete la creatività viene spesso legata all’immagine e all’animazione, attribuendo all’espressione visiva una sorta di predominanza in ambito espressivo: situazione di fatto presente, ma che non rende giustizia delle declinazioni possibili nel nuovo ambiente.
Da sempre la dimensione figurativa possiede una posizione per certi versi privilegiata nel panorama artistico: fin dalle prime manifestazioni della storia dell’uomo (si pensi ai pittogrammi preistorici delle grotte di Lascaux, in Francia) si è manifestata con forza la necessità di rappresentare in qualche modo l’ambiente circostante.
Queste forme di rappresentazione basate sulla mimesis, sull’ imitazione, hanno attraversato tutta la storia dell’arte, almeno sino al Cubismo, prima vera forma di messa in discussione del tradizionale rapporto mimetico dell’arte con la realtà.
Rapporto la cui forma privilegiata di rappresentazione era, giocoforza, legata all’immagine: traducibile in varie forme, dalla pittura alla scultura ad altre ancora, ma ciò che qui preme sottolineare non sono le forme possibili quanto come la dimensione visiva da sempre abbia maggior peso di altre possibili vie di fruizione.
Con il Cubismo si pose in essere una rottura di grande violenza espressiva: scomposizione della realtà e successiva ricomposizione secondo criteri arbitrari, dettati dalla mente dell’artista che proponeva la propria chiave interpretativa del mondo.
Tuttavia, la dimensione privilegiata della traduzione materiale di un simile intendimento fu ancora una volta l’immagine, la tela, il dipinto.
E’ chiaro dunque come la predominanza dell’immagine nella dimensione creativa del Web si innesti su un percorso ben delineato nel corso del tempo: sedimentato nei secoli, vince le resistenze naturali di un ambiente che sta raggiungendo ora una fase di profonda maturità. Intendendo qui con matura una fase di vita caratterizzata da professionalità avanzate, profonda penetrazione all’interno della società di massa, identificazione di un ruolo sociale della Rete, profonda conoscenza dei meccanismi e dei codici sottostanti, è possibile istituire un parallelo con la storia dell’arte.
La discussione sulla centralità della mimesis nel rapporto figurativo dell’arte con la realtà avvenne nel primo Novecento, quando aveva visto da poco la luce un mercato diffuso dell’arte. Il fatto che l’arte divenisse commercializzabile in nome della propria funzione estetica testimoniava il livello di maturità del settore e della società di massa in generale, tale da consentire il riconoscimento di una funzione sociale dell’arte stessa: la capacità di indagare il reale e soddisfare bisogni umani estetici e cognitivi. In sostanza l’arte divenne fenomeno sociale allargato.
Il Web procede a larghi passi in questa direzione, tuttavia la fase embrionale dello sviluppo è stata abbandonata solo di recente, negli ultimi anni, e talvolta se ne respirano ancora i profumi.
È quindi comprensibile come le principali forme di creatività si siano modellate agli inizi su percorsi tradizionali: si è assistito ad una trasposizione sul mezzo web della dominanza dell’immagine esistente offline.
Inoltre, il Web si definisce per il tipo di fruizione a video che lo caratterizza come un mezzo a manifestazione bidimensionale (pur non essendolo nella sua natura, che grazie al link è assolutamente tridimensionale), quindi la bidimensionalità dell’immagine ripercorre quella del mezzo di fruizione e si congiunge con essa: siamo in presenza di una sorta di isomorfismo fra la cornice e il contenuto.
E’ possibile però dimostrare che ad una fase di maggiore maturità del Web quale quella in cui si sta entrando, corrisponderanno forme di creatività non vincolate alla dimensione visiva o strettamente percettiva.
Nel mondo dell’arte si assistette a una trasposizione di valori creativi di questo tipo nel momento in cui si spostò il tradizionale discorso artistico dai materiali e dagli oggetti comunemente utilizzati.
Già Duchamp con la tecnica del ready made aveva deterritorializzato il concetto di opera d’arte svincolandolo dai tradizionali materiali e attribuendolo a banali oggetti di uso comune. Sottolineava come fosse l’investimento di significato ulteriore a creare l’opera.
La conseguenza di una simile violazione era la necessità di elaborare nuove strategie di interpretazione delle opere, inventare nuovi processi cognitivi che si affiancavano alla tradizionale valutazione formale, ormai inefficace a cogliere la complessità del disegno creativo sottostante.
Fino agli anni ’60 del secolo scorso l’arte aveva abituato il proprio pubblico a manifestarsi incarnata in oggetti e forme concrete: la tela, il marmo, il metallo, etc.
L’avvento del movimento dell’Arte Concettuale spostò il baricentro di azione verso posizioni innovative: il risultato cui tendeva la ricerca artistica del movimento non era più una sostanziazione dell’idea in forma, in oggetto, ma piuttosto la ricerca della propria nozione di arte e del suo significato. Si era giunti all’arte come processo dichiaratamente immateriale, come forma di ricerca estetica in senso proprio.
Perdevano importanza i materiali, così come le forme di rappresentazione, immagine su tutte: può essere arte, creatività, anche un semplice discorso verbale, una riflessione filosofica sul sistema artistico. Laddove la tradizione aveva abituato in qualche modo all’ambiguità intenzionale dei significati artistici, si inserisce invece il discorso dell’arte concettuale, che assume i propri dati fondativi dall’attività scientifica e filosofica. Una rottura con la tradizione di vaste proporzioni.
Una rottura di simili proporzioni è ormai matura anche sul Web: il tradizionale concetto di creatività legata all’immagine, all’animazione Flash e alla computer grafica sta lentamente cedendo il passo a nuove declinazioni che rivelano quanto sia estremamente articolato e vario il panorama della creatività online.
Si va verso l’emersione dei codici.
Stanno emergendo in superficie i codici latenti nelle strutture operative delle tecnologie elettroniche.
L’emersione dei codici, la loro democratizzazione e messa in discussione collegiale costituisce il passo decisivo per cambiare radicalmente la prospettiva creativa dell’epoca corrente e degli strumenti che la caratterizzano. L’ambiente della Rete è privilegiato campo di osservazione dell’attività della cultura che viene in questo modo formandosi, quella che Taiuti nel suo Corpi Sognanti (Feltrinelli, 2001) definisce tecnocultura.
L’arte si trasforma e trasla il proprio statuto ontologico dall’essere forma estetica a processo creativo, basato sull’interscambio e sulla gestione collettiva dell’intelligenza e della creatività umana.
Si possono così definire le nuove forme di creatività alle quali si è accennato in precedenza in contrapposizione alla tradizionale sfera figurativa di rappresentazione: volontà non più rappresentazionali, mimetiche, bensì quasi ingegneristiche, il cui obiettivo consiste nello scoprire i meccanismi interni di funzionamento per poi impadronirsene e manipolarli.
Con una metafora forse azzardata ma certamente utile il cambiamento in atto porta da una raffigurazione mimetica su una superficie ad una sorta di indagine genetica sui meccanismi intimi degli ambienti: nel caso del web si tratta di codici sorgente, linguaggi di programmazione, protocolli di rete. Un’indagine volta ad individuare i quanti informativi e tecnici, a renderli conosciuti e pertanto manipolabili nella direzione creativa suggerita da un processo collettivo ed allargato di creazione partecipante.
Giunti a questo punto della riflessione non è difficile scorgere le implicazioni di tutto questo: anche nel mondo del webdesign.
Il conflitto che oggi appare come insanabile fra usability e forme di creatività che intervengono nel concepimento di contenuti e interfacce perde interesse.
Facendo saltare il meccanismo errato per cui creativa è solo l’immagine, l’animazione, il loop in Flash (moderna tavolozza digitale), la logica di contrapposizione così affermata in questi anni si sfalda e rivela di nutrirsi da una scarsa conoscenza dell’ambiente.
E’ semplicistico porsi in una logica di questo tipo, perchè significa – tra l’altro – evitare di considerare due punti fondamentali:
1) la fisiologica giovinezza dell’ambiente Internet, il cui status di spazio socialmente connotato è recente: nei primi anni si è logicamente scelto un approccio alla Rete mutuato dai media tradizionali, nello specifico dalla tradizionale stampa cartacea. Si è creduto alla Rete come medium e non la si e’ considerata invece come ambiente.
Invece oggi sappiamo che essa è prima di tutto ambiente interattivo di scambio di conoscenza, tridimensionale, e mal sopporta trasposizioni di comportamenti dal passato.
In questo fluido di menti interconnesse la creatività precede e determina la manifestazione apparente, quindi si colloca su un piano assolutamente diverso da quello “in superficie” della web usability.
La logica dialettica e complementare ha senso se si condivide uno spazio, come accade per i due angoli che sommati danno un angolo retto: se i piani dimensionali sono sfalsati l’uno rispetto all’altro, che senso ha contrapporli?
2) la retorica di Rete, ovvero la retorica dell’interattività.
L’ ambiente sociale di conoscenza trae linfa vitale dall’interazione fra i singoli quanti umani che lo compongono, concorrendo insieme a definirne l’importanza.
Creativo è allora il saper spingere su questo tasto e portare all’estremo la predisposizione all’interattività: la vera creatività di Rete oggi risiede in strumenti quali i forum, gli instant messenger, Irc, le mailing list, i weblog, php. Ciò che connette e dalla connessione di menti produce valore culturale.